L’altra mattina ho fatto colazione alla Stazione Centrale di Milano. Eravamo io, Gianluca Vacchi e Sergio Mattarella. Parlavamo del più e del meno: io del meno, Vacchi del più e Mattarella di un suo “congiunto” (definizione approvata da Giuseppe Conte e dall’Accademia della Crusca) di secondo grado, che colleziona statue di cani da caccia in pelo di ornitorinco verniciato. Vacchi era incerto sulla validità dell’ornitorinco. «Meglio l‘echidna» ha detto «o, in alternativa, il pongo». Mattarella non ha replicato, ma si è ingobbito un po’ più del solito. La parola “pongo” lo ha turbato. O forse “echidna”, ma è difficile dirlo con certezza.

Vacchi ha detto che lui di cani da caccia ne ha avuti a decine e il migliore, a suo dire, è il Cuissard Épagneul Rouge. La ragazza del bar ci ha portato i caffè e dell’acqua minerale. Mattarella ne ha bevuto un bicchiere e, in quel momento, ho notato che il suo viso non si rifletteva né sul vetro del bicchiere né sulla superficie dell’acqua.

Vacchi mangiava un krapfen, però con eleganza, evitando di far colare crema ovunque. Gli ho dato di gomito. Si è chinato verso di me e gli ho fatto notare la cosa. «Sarà il pongo» ha commentato. In effetti era così: il naso di Mattarella era di pongo e ha cominciato a colare nel bicchiere. Non era acqua, ma un liquido corrosivo incolore e inodore. «H2SO4» ho detto. «Affondato» ha replicato Vacchi. «Vetriolo» ho continuato. «Ma non era Zagarolo?» ha chiesto lui. Nel frattempo Mattarella si stava dissolvendo, per lui era l’ultimo tango. «Cupio dissolvi» ho commentato, quando tutto si è concluso. «No, il coupé no, meglio la cabriolet» ha ribattuto Vacchi. Siamo scesi in metropolitana e abbiamo preso il treno per Abbiategrasso. «Moscova» ho detto io. «Sant’Ambrogio» ha detto Vacchi. Il convoglio è partito. Su Instagram nessuna novità.

(Stefano Bandera) © riproduzione riservata